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Capacità di intendere e volere del minore non infra-quattordicenne

Admin | Pubblicata il gio Mag 14, 2020 10:03 pm | 327 Visite

1.  La differenza tra gli artt. 85 e 98 c.p.

 L’art. 85 c.p. assolve alla funzione di generale norma di principio rispetto all’imputabilità e, dunque, al possibile accertamento della responsabilità del reo. Stando alla norma in commento, l’imputabilità presuppone la sussistenza congiunta, al momento della concreta integrazione della fattispecie incriminatrice, di una duplice attitudine personale: quella di "rendersi conto del rilievo sociale delle proprie azioni e quella di autodeterminarsi liberamente nel fare quanto si ritiene opportuno di dover fare" (1). Sono queste le attitudini normativamente indicate e comunemente note, rispettivamente, come capacità di intendere e volere. L’art. 85 dispone infatti che: <<Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se, al momento in cui lo ha commesso, non era imputabile. È imputabile chi ha la capacità d'intendere e di volere>>.

L’art. 98 c.p. rientra invece tra le più specifiche precisazioni in ordine alle cause che escludono o diminuiscono l’imputabilità. Esso, al primo comma, stabilisce infatti che << È imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto aveva compiuto i quattordici anni, ma non ancora i diciotto, se aveva capacità d'intendere e di volere, ma la pena è diminuita>>.

Nonostante quest’ultima disposizione, ad una prima e poco attenta lettura, potrebbe apparire come un’inutile ripetizione rispetto alla norma più generale di cui all’art. 85, ad una più accurata analisi, invece, le cose cambiano. E ciò, non soltanto con riferimento al dato testuale, ma anche, e soprattutto, alle logiche sottostanti, che giustificano l’operazione di distinzione, alla quale il legislatore ha sentito l’esigenza di ricorrere.

Ebbene, muovendo dal tenore letterale delle disposizioni in commento, il primo dato che assume rilievo è il <<…se aveva la capacità d’intendere e volere…>>, contenuto al comma primo dell’art. 98, che esclude ogni possibile presunzione circa la capacità o incapacità del reo, diversamente da quanto emerge dalle norme di cui agli artt. 85 e 97, le quali, invece, costruiscono, rispettivamente, una presunzione relativa di capacità del maggiore degli anni 18 ed una presunzione d’incapacità assoluta, e quindi insuperabile, rispetto a coloro che non hanno ancora compiuto il quattordicesimo anno di età.

Ne consegue, che l’imputabilità del minore di anni 18 e maggiore di anni 14 necessita di un accertamento caso per caso, a differenza dal maggiore di anni 18, la cui imputabilità non presuppone valutazioni specifiche, a meno che, in relazione alla sussistenza della stessa, ne sorga questione (2).

Tale esigenza trova altresì riscontro nel D.P.R 448/1988 e precisamente nell’art. 9, comma 1, per il quale, al fine dell’accertamento circa l’imputabilità e <<il grado di responsabilità>> del minore, <<Il pubblico ministero e il giudice acquisiscono [la norma usa “acquisiscono” e non ,invece, “posso acquisire”, il ché lascia intendere che l’accertamento è dovuto] elementi circa le condizioni e le risorse personali, familiari, sociali e ambientali>> dello stesso.

Quanto alle modalità di adempimento (il riferimento è sempre all’accertamento dell’imputabilità del minore) occorre altresì ricordare la non necessarietà, per il P.M o il Giudice, di ricorrere a soggetti esperti (periti). Il P.M. o il Giudice posso infatti attenersi semplicemente agli atti del processo ovvero al comportamento processuale del minore. In tal senso, infatti, si è espressa la Stessa Corte di Cassazione, con la sent. n. 10478 del 2 marzo 2017, nella quale afferma: “il giudice, per analizzare la capacità di intendere e volere del minore, non è tenuto a disporre apposita perizia, potendo ricavare gli elementi necessari al giudizio sulla maturità del minore, dagli atti del procedimento, nonché dal suo comportamento processuale”.

 In altre parole, tenendo conto che le condizioni, le risorse personali, familiari, sociali e ambientali etc… assumono rilievo ai fini della valutazione circa la capacità di intendere e volere del minore, e quindi che tali capacità possano variare a seconda che le stesse condizioni e risorse siano più o meno positive; credo sia lecito ritenere che alla base della distinzione operata dal legislatore vi è la consapevolezza che, nella fascia di età compresa tra gli anni 14 e 18, le capacità di intendere e volere possono o meno sussistere, e ciò anche a prescindere da patologie giuridicamente rilevanti.  Pertanto, rispetto all’imputabilità dei minori l’attenzione deve essere spostata sulla nozione, difficilmente inquadrabile, di maturità, la quale varia da soggetto a soggetto e in relazione ad una pluralità di aspetti, che l’art. 9 si preoccupa di indicare.

(1) Codice Penale Esplicato, Ed. Giur. Simone, Napoli, 2015, p.85.

(2) L. Basilio, “L’imputabilità del minore”, su adir.unifi.it, 2002; F. Ramacci, “Corso di diritto penale”, Giappichelli Editore, Torino, p.252.

(3) L'immagine superiore è stata recuperata dal seguente link:   https://nl.depositphotos.com/146755451/stock-photo-adoption-divorce-of-parents-or.html                                                                                      CORRADO RICUPERO

 

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