Art. 45
Voto plurimo nelle società con azioni quotate in mercati regolamentati
1. All’articolo 127-sexies del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) i commi da 1 a 3 sono sostituiti dai seguenti:
“1. Gli statuti possono prevedere l’emissione di azioni a voto plurimo ai sensi dell’articolo 2351, quarto comma, del codice civile. In deroga all’articolo 2351, quarto comma, del codice civile, gli statuti non possono tuttavia disporre la maggiorazione del voto in dipendenza del possesso delle azioni in capo al medesimo soggetto o di altre condizioni non meramente potestative concernenti il titolare delle azioni, se non nel rispetto e nei limiti previsti dall’articolo 127-quinquies.
2. Ferme restando le disposizioni degli articoli 2376, 2437 e 2373 del codice civile al ricorrere dei rispettivi presupposti, la deliberazione avente ad oggetto l’introduzione di una categoria di azioni a voto plurimo è validamente approvata con le maggioranze previste dagli articoli 2368 e 2369 del codice civile, a condizione che non vi sia il voto contrario della maggioranza dei soci presenti in assemblea diversi dal socio o dai soci che detengono, anche congiuntamente, la partecipazione di maggioranza anche relativa, purché tali voti contrari siano almeno pari al dieci per cento del capitale sociale avente diritto a voto.
3. Le disposizioni del comma precedente si applicano anche alle deliberazioni in forza delle quali il medesimo effetto consegua direttamente o indirettamente, anche mediante fusione o scissione, a un’operazione in esito alla quale la società trasferisca la sede sociale all’estero.”.
b) il comma 4 è soppresso.
RELAZIONE
È noto che diversi ordinamenti giuridici stranieri, sia nell’ambito dell’Unione Europea sia al di fuori di essa, consentono alle società per azioni, anche con azioni quotate in mercati regolamentati, di derogare alla regola “one share one vote” mediante la previsione di categorie di azioni dotate di voto plurimo. Talvolta si tratta di una facoltà espressamente consentita dalla legge, in modo diretto, altre volte si tratta di un risultato che viene conseguito indirettamente, tramite la previsione di azioni con un diverso valore nominale, alle quali viene riconosciuto un numero di voti proporzionale al rispettivo valore nominale. L’ordinamento giuridico italiano, in forza del combinato disposto dell’articolo 2351 del codice civile e dell’articolo 127-sexies del decreto legislativo n. 58 del 24 febbraio 1998 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria), vieta alle società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati l’emissione di azioni a voto plurimo, se non nella peculiare forma delle azioni a voto maggiorato (c.d. “loyalty shares”), ai sensi dell’articolo 127-quinquies del predetto decreto, per le quali la maggiorazione del diritto voto dipende dal possesso continuativo delle azioni da parte del medesimo soggetto per almeno ventiquattro mesi.
È altresì noto che tale differenza di regolamentazione rischia di comportare una concorrenza tra ordinamenti, a danno del mercato borsistico italiano. Non sono mancati casi, del resto, nei quali la decisione di trasferire all’estero società italiane con azioni quotate in un mercato regolamentato o di scegliere un ordinamento estero per le società risultanti da fusioni alla quale partecipavano società quotate italiane sia stata motivata anche dalla possibilità di avvalersi di un regime giuridico favorevole alla previsione, diretta o indiretta, di azioni a voto plurimo.
Per questa ragione, in assenza di comprovati effetti negativi che tale istituto possa generare alle società che lo adottano, si ritiene preferibile lasciare all’autonomia statutaria e alle valutazioni del mercato la possibilità di emettere azioni a voto plurimo anche da parte di società italiane con azioni quotate nei mercati regolamentati. Il rispetto dei diritti delle minoranze e le esigenze di protezione delle dinamiche di mercato verrebbero in particolare assicurati – oltre che dagli ordinari contrappesi costituiti dall’approvazione delle assemblee speciali (articolo 2376 del codice civile) e/o dal diritto di recesso (articolo 2437 del codice civile), al ricorrere dei relativi presupposti – anche dall’introduzione del meccanismo del c.d. “whitewash”, quale condizione per l’approvazione della deliberazione che introduce una categoria di azioni a voto plurimo.
La medesima protezione, per evidenti ragioni di simmetria, verrebbe del resto prevista per ogni ipotesi nella quale una società italiana con azioni quotate in un mercato regolamentato intenda ottenere il medesimo risultato, mediante una deliberazione in forza della quale la società trasferisca la sede sociale all’estero.
Art. 45-bis
Misure a favore degli aumenti di capitale
1. Sino alla data del [31 dicembre 2020], a condizione che sia rappresentata almeno la metà del capitale sociale, non si applica la maggioranza rafforzata del voto favorevole di almeno due terzi del capitale rappresentato in assemblea, richiesta dall’articolo 2368, secondo comma, secondo periodo, del codice civile e dall’articolo 2369, terzo e settimo comma, del
codice civile, alle deliberazioni aventi ad oggetto:
(a) gli aumenti del capitale sociale con nuovi conferimenti in natura o di crediti, ai sensi degli articoli 2440 e 2441 del codice civile;
(b) l’introduzione nello statuto sociale della clausola che consente di escludere il diritto di opzione ai sensi dell’articolo 2441, quarto comma, ultima frase, del codice civile;
(c) l’attribuzione agli amministratori della facoltà di aumentare il capitale sociale, ai sensi dell’articolo 2443 del codice civile.
2. Nei predetti casi, la deliberazione è pertanto validamente assunta con il voto favorevole della maggioranza del capitale rappresentato in assemblea, anche qualora lo statuto preveda maggioranze più elevate.
3. Sino alla data del [31 dicembre 2020] le società con azioni quotate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione possono deliberare aumenti del capitale sociale con nuovi conferimenti, con esclusione del diritto di opzione, ai sensi dell’articolo 2441, quarto comma, ultima frase, del codice civile, anche in mancanza di espressa previsione statutaria, nei limiti del venti per cento del capitale sociale preesistente ovvero, in caso di mancata indicazione del valore nominale, nei limiti del venti per cento del numero delle azioni preesistenti, alle condizioni previste dalla norma medesima. I termini di convocazione dell’assemblea per discutere e deliberare su tale argomento sono ridotti della metà.
4. Il secondo, il terzo e il quarto comma dell’articolo 2441 del codice civile sono modificati come segue.
“L’offerta di opzione deve essere depositata per l’iscrizione presso l’ufficio del registro delle imprese e contestualmente resa nota mediante un avviso pubblicato sul sito internet della società, con modalità atte a garantire la sicurezza del sito medesimo, l’autenticità dei documenti e la certezza della data di pubblicazione, o, in mancanza, mediante deposito presso la sede della società. Per l’esercizio del diritto di opzione deve essere concesso un termine non inferiore a quattordici giorni dalla pubblicazione dell’offerta sul sito internet della società con le modalità sopra descritte, o, in mancanza, dall’iscrizione nel registro delle imprese. Coloro che esercitano il diritto di opzione, purché ne facciano contestuale richiesta, hanno diritto di prelazione nella sottoscrizione delle azioni e delle obbligazioni convertibili in azioni che siano rimaste non optate. Se le azioni sono quotate in mercati regolamentati o negoziate in sistemi multilaterali di negoziazione, la società può prevedere che il diritto di prelazione sulle azioni non optate debba essere esercitato contestualmente all’esercizio del diritto di opzione, indicando il numero massimo di azioni sottoscritte.
Il diritto di opzione non spetta per le azioni di nuova emissione che, secondo la deliberazione di aumento del capitale, devono essere liberate mediante conferimenti in natura. Nelle società con azioni quotate in mercati regolamentati o negoziate in sistemi multilaterali di negoziazione il diritto di opzione può essere escluso dallo statuto, nei limiti del dieci per cento del capitale sociale preesistente, o, in mancanza di indicazione del valore nominale delle azioni, nei limiti del dieci per cento del numero delle azioni preesistenti, a condizione che il prezzo di emissione corrisponda al valore di mercato delle azioni e ciò sia confermato in apposita relazione da un revisore legale o da una società di revisione legale. Le ragioni
dell’esclusione o della limitazione devono risultare da apposita relazione degli amministratori, depositata presso la sede sociale e pubblicata sul sito internet della società entro il termine della convocazione dell’assemblea, salvo quanto previsto dalle leggi speciali”.
RELAZIONE
Nell’ambito delle modificazioni del diritto societario volte ad aiutare le imprese italiane ad affrontare la difficile congiuntura economica dovuta alla pandemia del Covid-19, è stata evidenziata l’esigenza di favorire la spedita deliberazione ed esecuzione di operazioni di aumento di capitale. A tal fine, i primi due commi dell’articolo in epigrafe contengono due misure di carattere transitorio ed “emergenziale”, mentre il terzo comma apporta alcune modificazioni all’articolo 2441 del codice civile, destinate ad entrare a regime anche a prescindere dalle attuali difficoltà congiunturali.
Il comma uno e due, in particolare, rimuovono un possibile ostacolo alla facilità deliberativa delle assemblee che siano chiamate ad assumere deliberazioni finalizzate, direttamente o indirettamente, a un’operazione di aumento di capitale. Viene, infatti, disattivato il quorum deliberativo rafforzato che richiede il voto favorevole dei due terzi del capitale rappresentato in assemblea, adottando quindi il quorum della maggioranza assoluta del capitale rappresentato in assemblea, a condizione tuttavia che sia rappresentata almeno la metà del capitale sociale (in ossequio all’inderogabile principio imposto dall’art. 83 della direttiva UE 1132/2017). La deroga, di carattere eccezionale, ha un limite temporale sino alla data del 31 dicembre 2020 e si applica anche qualora lo statuto preveda quorum deliberativi pari o superiori a quello legale.
Il terzo comma, invece, comporta una estensione dell’ambito oggettivo e soggettivo dell’aumento di capitale con esclusione del diritto opzione in deroga alla procedura ordinaria di cui al sesto comma dell’articolo 2441 del codice civile. Più specificamente, la deroga consiste nei seguenti aspetti: (a) l’istituto viene esteso anche alle società con azioni negoziate in sistemi multilaterali di negoziazione; (b) il limite quantitativo degli aumenti da deliberare entro la fine del periodo emergenziale è innalzato dal dieci al venti per cento; (c) la facoltà di avvalersi di questa modalità di aumento con esclusione del diritto di opzione viene concessa anche in mancanza di espressa clausola statutaria in tal senso; (d) i termini di convocazione dell’assemblea sono ridotti della metà. In questo modo – pur dovendo comunque ricorrere a un’assemblea (in ossequio all’inderogabile principio stabilito dall’articolo 68 della citata direttiva UE 1132/2017) – vi sarebbero maggiori possibilità di ricorrere in tempi relativamente rapidi a questa forma di aumento di capitale con esclusione del diritto di opzione.
Il terzo comma, infine, introduce alcune modificazioni all’articolo 2441 del codice civile, sempre nel senso di semplificare e velocizzare le operazioni di raccolta di capitali di rischio mediante aumenti di capitale, pur sempre nel rispetto dei vincoli delle norme europee e delle necessarie tutele dei diritti dei soci. Tali modificazioni consistono in particolare:
(a) nella riduzione, seppur di un solo giorno, del termine minimo per l’esercizio del diritto di opzione, coincidente con quello previsto dall’articolo 72 della direttiva UE 1132/2017;
(b) nell’eliminazione, per le società con azioni quotate in un mercato regolamentato, dell’obbligo di offrire sul mercato i diritti di opzione non esercitati, dopo il decorso del relativo termine, consentendo alle società di imporre l’esercizio del diritto di prelazione sull’inoptato direttamente in sede di esercizio del diritto di opzione (c.d. oversubscriprion); ciò al fine di velocizzare ulteriormente l’esecuzione di un’operazione di aumento di capitale con offerta in opzione agli azionisti;
(c) nell’estensione della particolare ipotesi di aumento di capitale con esclusione del diritto di opzione prevista dall’ultima frase dell’articolo 2441 del codice civile anche alle società con azioni negoziate in un sistema multilaterale di negoziazione, tenuto conto che anche per queste esiste la possibilità di fare riferimento a un prezzo di mercato; tale estensione rende peraltro necessario prevedere espressamente l’obbligo di motivazione in apposita relazione a cura degli amministratori, obbligo altrimenti mancante nel regime dell’informazione societaria applicabile alle società con azioni negoziate in un sistema multilaterale di negoziazione e non in un mercato regolamentato. La modificazione del comma quarto offre l’opportunità di precisare che, in mancanza di indicazione del valore nominale delle azioni, il limite del dieci per cento si applica al numero di azioni emesse, con riferimento del numero delle azioni preesistenti.